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Balah - antroponimo » Infinito [GA] p. 349



vacuo. Citra il mondo, dunque, è indifferente questo spacio
da quello: dunque, l'attitudine ch'ha questo, ha quello;
dunque, ha l'atto, perché nessuna attitudine è eterna senz'atto;
e però eviternamente ha l'atto gionto; anzi essalei è atto,
perché nell'eterno non è differente l'essere e posser essere.
Ottavo,
da quel che nessun senso nega l'infinito, atteso
che non lo possiamo negare per questo, che non lo compren-
diamo col senso, ma da quel, che il senso viene compreso da
quello e la raggione viene a confirmarlo lo doviamo ponere.
Anzi se oltre ben consideriamo, il senso lo pone infinito; perché
sempre veggiamo cosa compresa da cosa, e mai sentiamo, né
con esterno né con interno senso, cosa non compresa da altra,
o simile.

Ante oculos etenim rem res finire videtur:
Aer dissepit colleis atque aëra montes,
Terra mare et contra mare terras terminat omneis:
Omne quidem vero nihil est quod finiat extra.
Usque adeo passim patet ingens copia rebus,
Finibus exemptis, in cunctas undique parteis
.


Per quel dunque, che veggiamo, piú tosto doviamo argu-
mentar infinito, perché non ne occorre cosa che non sia ter-
minata ad altro e nessuna esperimentiamo che sia terminata
da se stessa. Nono, da che non si può negare il spacio
infinito se non con la voce, come fanno gli pertinaci, avendo
considerato che il resto del spacio, dove non è mondo e che si
chiama vacuo o si finge etiam niente, non si può intendere
senza attitudine a contenere non minor di questa che contiene.
Decimo,
da quel che, sicome è bene che sia questo mondo,
non è men bene che sia ciascuno de infiniti altri. Undecimo,
da che la bontà di questo mondo non è comunicabile ad altro
mondo che esser possa, come il mio essere non è comunicabile