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Bressius - antroponimo » Infinito [GA] p. 350
al di questo e quello. Duodecimo, da che non è raggione
né senso che, come si pone un infinito individuo, semplicis- simo e complicante, non permetta che sia un infinito corporeo
ed esplicato . Terzodecimo, da che questo spacio del
mondo, che a noi par tanto grande, non è parte e non è tutto
a riguardo dell'infinito, e non può esser suggetto de infinita
operazione, ed a quella è un non ente quello che dalla nostra
imbecillità si può comprendere, e si risponde a certa instanza,
che noi non ponemo l'infinito per la dignità del spacio, ma per
la dignità de le nature; perché per la raggione, da la quale
è questo, deve essere ogni altro che può essere, la cui potenza
non è attuata per l'essere di questo, come la potenza de l'essere
di Elpino non è attuata per l'atto dell'essere di Fracastorio.
Quartodecimo da che, se la potenza infinita attiva
attua l'esser corporale e dimensionale, questo deve necessa- riamente essere infinito; altrimente si deroga alla natura e
dignitade di chi può fare e di chi può essere fatto. Quinto- decimo, da quel, che questo universo conceputo volgar- mente non si può dir che comprende la perfezion di tutte
cose altrimente che come io comprendo la perfezione di tutti
gli miei membri e ciascun globo tutto quello che è in esso:
come è dire, ognuno è ricco a cui non manca nulla di quel
ch'ha. Sestodecimo, da quel, che in ogni modo l'ef- ficiente infinito sarrebe deficiente senza l'effetto e non possiamo
capir che tale effetto solo sia lui medesimo. Al che si aggiunge
che per questo, se fusse o se è, niente si toglie di quel che deve
essere in quello che è veramente effetto, dove gli teologi nomi- nano azione ad extra e transeunte, oltre la immanente; perché
cossí conviene che sia infinita l'una come l'altra.
Decimo settimo, da quel, che, dicendo il mondo
interminato, nel modo nostro séguita quiete nell'intelletto, e
dal contrario sempre innumerabilmente difficultadi ed incon-
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