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Mopsus - antroponimo » Infinito [GA] p. 364



Mio passar solitario, a quelle parti,
A quai drizzaste già l'alto pensiero,
Poggia infinito, poi che fia mestiero
A l'oggetto agguagliar l'industrie e l'arti.
Rinasci là; là su vogli'allevarti
Gli tuoi vaghi pulcini, omai ch'il fiero
Destin av'ispedito il corso intiero
Contra l'impresa, onde solea ritrarti.
Vanne da me, che piú nobil ricetto
Bramo ti godi; e arrai per guida un dio,
Che da chi nulla vede è cieco detto.
Il ciel ti scampi, e ti sia sempre pio
Ogni nume di questo ampio architetto;
E non tornar a me, se non sei mio.



Uscito de priggione angusta e nera,
Ove tant'anni error stretto m'avinse,
Qua lascio la catena, che mi cinse
La man di mia nemica invid'e fera.
Presentarmi a la notte fosca sera
Oltre non mi potrà, perché chi vinse
Il gran Piton, e del suo sangue tinse
L'acqui del mar, ha spinta mia Megera.
A te mi volgo e assorgo, alma mia voce:
Ti ringrazio, mio sol, mia diva luce;
Ti consacro il mio cor, eccelsa mano,
Che m'avocaste da quel graffio atroce,
Ch'a meglior stanze a me ti festi duce,
Ch'il cor attrito mi rendeste sano.